“Un tema di drammatica attualità, abbiamo il dovere morale di sostenere con ogni mezzo le iniziative di conoscenza e sensibilizzazione come quelle meritorie portate avanti dalla Associazione Libere Sinergie che rappresentano uno strumento essenziale per sensibilizzazione. Portare la mostra nel nostro paese è solo l’ inizio del percorso di sensibilizzazione e di consapevolezza sul tema della violenza di genere, dei pregiudizi e paradigmi connessi . Carla Cirone (Presidente dell’ MaMa APS)
“What Were You Wearing” è il titolo di una mostra che prende avvio da un progetto di Jen Brockman,direttrice del Centro per la prevenzione e formazione sessuale di Kansas, e da Mary A. Wyandt-Hiebert responsabile di tutte le iniziative di programmazione presso il Centro di educazione contro gli stupri dell'Università dell'Arkansas dove la mostra è stata esposta per la prima volta nella primavera del 2013.
Ora l’evento arriva in Italia grazie dall'Associazione Libere Sinergie che ne propone un adattamento al contesto socio culturale del nostro Paese.
L’idea alla base del lavoro è quella di sensibilizzare il pubblico sul tema della violenza sulle donne partendo da una domanda ricorrente posta a chi subisce molestie o violenza sessuale. Come eri vestita? è una domanda che sottende importanti stereotipi sessisti e possiede pesanti implicazioni di impatto negativo sulla donna che ha subito violenza, poiché presuppone l'idea che la vittima avrebbe potuto evitare lo stupro se solo avesse indossato abiti meno provocanti. Questa mostra si propone di smantellare tale pregiudizio partendo dal breve racconto di una serie di storie di abusi poste accanto agli abiti in esposizione i quali intendono rappresentare, in maniera fedele, l'abbigliamento che la vittima indossava al momento della violenza subita.
Secondo Jen Brockman lo scopo principale della mostra oltre a essere quello di promuovere una maggiore consapevolezza del pubblico sul tema della violenza di genere è anche quello di sostenere la necessità di combattere il senso di colpa scaricato sulle vittime, aspetto non secondario. I visitatori possono identificarsi nelle storie narrate e al tempo stesso vedere quanto siano comuni gli abiti che le vittime indossavano. “Bisogna essere in grado di suscitare delle reazioni, all'interno dello spazio della mostra, simili a quelle riportate”, afferma Brockman, per indurre le visitatrici a pensare: “ho questi indumenti appesi nel mio armadio!” oppure “ero vestita così questa settimana”.